Articolo di Maria
Silvestrini
23 settembre 2016 - Un reading teatrale con toccanti intermezzi musicali nella Chiesa di San Pasquale al Borgo è stato la suggestiva modalità con cui, nella città di Taranto, è stato ricordato Aldo Moro nel centenario della nascita. Due voci straordinariamente ampie e limpide, un violino e il caldo suono dell’organo hanno sottolineato e ripreso l’alternarsi narrante di Franco Nacca e Mariangela Lincesso. Sono quelle del tenore Oronzo D’Urso e del soprano Rita Renò, giovanissimi interpreti di una singolare composizione del maestro Alessandro D’Oronzo che ha costruito con la violinista Francesca Azzolini il tessuto sonoro di alcuni salmi biblici. Questa rappresentazione di straordinaria intensità
si deve al regista Salvatore Tomai, da anni impegnato in teatro ed in televisione, che già nel lavoro “Lettere dalla prigionia” aveva approfondito la figura e l’opera di Aldo Moro.
E’ questo il primo di una serie di incontri che il Comitato per le celebrazioni del centenario sta
organizzando perché non passi inosservata la figura del grande statista nella città in cui ha avuto la sua prima formazione culturale e cristiana.
A Taranto la famiglia Moro si trasferì nel 1923 quando Aldo aveva appena 7 anni, e vi rimase fino al 1934. 12 anni in cui il ragazzo crebbe e si formò fra il Liceo Archita e il gruppo di ragazzi del “Circolo San Francesco d’Assisi”. Furono anni di studio e di crescita umana e spirituale in cui il giovane Aldo si fece subito notare per le sue capacità di riflessione e di dialogo, tanto che l’Arcivescovo Orazio Manzella gli affidò il delicato incarico di formatore dei giovanissimi aspiranti della Gioventù cattolica.
Nel presentare l’evento Fra Francesco Zecca, padre guardiano del convento, ha voluto sottolineare la capacità di Aldo Moro di essere mediatore, uomo di dialogo, inclusivo e collaborativo. Un costruttore di comunità che in San Francesco contemplava la gioiosa fraternità cosmica e da questa si faceva guidare per vivere la mitezza e la giustizia. La sua spiritualità, la capacità di trovare nei testi sacri il senso profondo delle sue azioni ne fa prima che uno statista, un uomo di Dio.
Il reading, diviso in cinque quadri, ha messo in evidenza “la spontaneità e l’entusiasmo di una scelta, più che politica, religiosa …” e la semplicità di una vita in cui la consapevolezza dei valori e la necessità di compiere quotidianamente e con coscienza il proprio dovere, era la normalità per un uomo che fino in fondo è stato consapevole della dignità e dell’importanza della politica. Per tutto questo oggi possiamo definire Aldo Moro un cristiano costruttore di comunità e un martire per la democrazia.
si deve al regista Salvatore Tomai, da anni impegnato in teatro ed in televisione, che già nel lavoro “Lettere dalla prigionia” aveva approfondito la figura e l’opera di Aldo Moro.
E’ questo il primo di una serie di incontri che il Comitato per le celebrazioni del centenario sta
A Taranto la famiglia Moro si trasferì nel 1923 quando Aldo aveva appena 7 anni, e vi rimase fino al 1934. 12 anni in cui il ragazzo crebbe e si formò fra il Liceo Archita e il gruppo di ragazzi del “Circolo San Francesco d’Assisi”. Furono anni di studio e di crescita umana e spirituale in cui il giovane Aldo si fece subito notare per le sue capacità di riflessione e di dialogo, tanto che l’Arcivescovo Orazio Manzella gli affidò il delicato incarico di formatore dei giovanissimi aspiranti della Gioventù cattolica.
Nel presentare l’evento Fra Francesco Zecca, padre guardiano del convento, ha voluto sottolineare la capacità di Aldo Moro di essere mediatore, uomo di dialogo, inclusivo e collaborativo. Un costruttore di comunità che in San Francesco contemplava la gioiosa fraternità cosmica e da questa si faceva guidare per vivere la mitezza e la giustizia. La sua spiritualità, la capacità di trovare nei testi sacri il senso profondo delle sue azioni ne fa prima che uno statista, un uomo di Dio.
Il reading, diviso in cinque quadri, ha messo in evidenza “la spontaneità e l’entusiasmo di una scelta, più che politica, religiosa …” e la semplicità di una vita in cui la consapevolezza dei valori e la necessità di compiere quotidianamente e con coscienza il proprio dovere, era la normalità per un uomo che fino in fondo è stato consapevole della dignità e dell’importanza della politica. Per tutto questo oggi possiamo definire Aldo Moro un cristiano costruttore di comunità e un martire per la democrazia.
Nessun commento:
Posta un commento